FILI DEL TESSUTO URBANO
Contributo di Chiara Nogarotto
L’ultimo anno ci ha privati della possibilità di scegliere cosa considerare casa. Ci ha privati di quella libertà di stare ed abitare la propria casa nei tempi e nei modi che riteniamo più giusti. E, in molti casi, della capacità di sentirsi a casa.
Ma che cosa ci fa sentire a casa? Da questa domanda ha avuto avvio la riflessione di Fabrizio Barca, intervistato da Luca Martinelli per il romanzo-evento Il Grande Trasloco. Un incontro che Generavivo ha seguito con emozione e nel corso del quale ha voluto proporre una propria riflessione, accolta con interesse dai relatori:
Uno spazio diventa luogo quando è abitato da gente felice e i luoghi narrano le storie delle persone che vi hanno abitato, che vi sono transitate. Così, le trame delle vite che si intrecciano, dentro e fuori da essi, in perenne movimento, rendono quei luoghi speciali: diventano case delle emozioni, per sempre.
Una casa fatta di persone, che la attraversano, la vivono, la trasformano; ne cambiano continuamente i confini.
Una casa che non è più racchiusa dentro le sue mura, ma straborda continuamente in nuove e infinite forme: casa - lavoro - cura - educazione - cultura.
Così, diviene luogo di vita. E così, il nome - casa - diviene verbo: Abitare.
Abitare ha come protagonisti i legami e gli intrecci tra i cittadini, custodi di un sapere senza eguali riguardo il tessuto urbano di cui fanno parte. È per questo che loro stessi devono essere considerati la testa pensante dei piani e dei progetti urbani: solo dalla conoscenza profonda di un luogo, con le sue mille sfaccettature, possono scaturire le idee generative per innovarlo e migliorarlo.
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